Qualche mese fa, dopo la messa in onda del servizio di Report dedicato al mondo del vino, ho voluto precisare alcuni aspetti che nel modo in cui sono stati comunicati possono aver creato confusione negli spettatori. Vi spiego il perché
In sintesi, se ve la siete persi: Report ha parlato di enologia, spiegando come molti produttori, enologi e più in generale professionisti del settore siano dei “piccoli chimici” (manco grandi, maledizione), e usino prodotti di sintesi per migliorare mosti e vini, a discapito della salute del consumatore.
Posto che la chimica non è il male in assoluto, visto che tutto quello che ci circonda è governato dalla chimica e da un altro paio di leggi che questi sembrano non tenere a mente. I “composti chimici” formano tutto ciò che ci circonda e che soprattutto assumiamo con l’alimentazione, siano essi composti naturali o di sintesi.
Non sto affatto sostenendo che il nostro settore sia pieno di puristi e santi e che sia tutto falso: ma intanto generalizzare è sempre una pessima idea, e poi se si vuole sovvertire un sistema prima bisognerebbe conoscerlo bene, e avere le giuste armi per spiegare con cognizione di causa che cosa non va.
Quello che mi sento di dire in primis è che nulla di quello che si può mettere nel vino – intendo per legge – è pericoloso per la salute umana alle dosi e nei modi consentiti. Nelle caramelle gommose (gli orsetti, dai…) che date ai vostri figli o nella maggior parte delle bevande gassate c’è più chimica che in una bottiglia di vino qualunque. Per non parlare del prezzo, ma non stiamo qui a fare lamentele.
Ma entriamo nel merito. Non voglio alimentare la polemica, ma solo chiarire meglio alcuni dei concetti emersi dal punto di vista tecnico per aiutarvi a capire perché quello che è stato detto non corrisponde a verità.
Da qui in avanti vi elenco solo alcune delle cose errate e tendenziose che sono state dette durante la trasmissione, le chiameremo “imprecisioni” perché il Direttore non mi permette di utilizzare toni più forti…
Imprecisione numero uno: la bentonite.
Nel video il sedicente esperto di vino incalzato dall’intervistatore afferma che «posso togliere l’acidità a un vino anche tramite la filtratura con la bentonite». Facciamo chiarezza: la bentonite, o forse meglio dire “le” bentoniti, sono di diverso tipo e natura in base all’utilizzo che se ne fa. In parole povere sono delle argille, dei silicati di alluminio, totalmente inerti a livello alimentare, potete andare tranquillamente in farmacia e provare a chiedere della bentonite farmaceutica che può essere ingerita e utilizzata per alleviare e curare diversi malanni. Cosa fa? La bentonite, al pH del vino, ha una carica elettrica negativa mentre le proteine, al pH del vino, hanno una carica elettrica positiva, quindi più o meno come succede alle calamite, si attraggono, si legano formando un flocculo che in genere è troppo grande per restare in sospensione e quindi tende a precipitare.
Detto questo, le proteine del vino, che derivano direttamente dall’uva, non sono quelle animali come viene espresso nell’intervista, ma tendono a intorbidire il vino, soprattutto se esposto a temperature eccessive. Visto che la catena del freddo non è sempre garantita nei mille trasporti subiti da un vino dalla cantina di produzione fino alle nostre tavole, molto spesso, per non dire quasi sempre, è necessario ovviare a questa possibilità di intorbidimento indesiderato da colpo di calore riducendo la quantità di queste proteine all’origine, utilizzando appunto la famigerata bentonite.
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