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La biodinamica applicata al vino

Concludiamo la chiacchierata sulla biodinamica spostandoci nei vigneti per capire come queste pratiche agricole esaltino l'unicità in bottiglia


Dopo aver spiegato che cos’è la biodinamica e come viene interpretata in vigna dalle aziende e dai consulenti che la praticano proviamo a verificare se funziona, oltre che sul terreno e in vigna, anche ne bicchiere, sempre con l’aiuto di Adriano Zago, consulente e formatore per Cambium: «Ormai possiamo dire che i vini sono più buoni: si possono misurare, e non intendo vini “strani”. Se prendiamo le classifiche dei Top Hundred, di Robert Parker, James e quant’altro possiamo mettere tanti puntini su aziende agricole biodinamiche premiate. Non è più uno per sbaglio, cominciano a essere il venti/trenta per cento».


Però poi spesso queste grandi aziende non lo comunicano. Questo potrebbe essere parte del problema? «Penso di no. Le aziende grandi, hanno tanto da dire, sono aziende per le quali la biodinamica può essere un metodo interno per raggiungere la qualità ma potrebbero voler comunicare degli aspetti che per il mercato funzionano di più. Se una fascia del mio consumatore vede nella biodinamica un pericolo, non glielo comunico perché tanto vendo comunque. Invece magari un piccolo o uno giovane vede la biodinamica anche come un plus di marketing perché è una delle leve possibili. Le aziende che hanno una storia più lunga hanno scelto la biodinamica in modo più composto, meno urlato.


Se in vigna è evidente il cambiamento, lo è anche nel vino? «La biodinamica dà unicità e integrità. Sono vini unici: quando hai reso complessa così profondamente l’azienda su tutti gli ambiti che abbiamo accennato, quel vino sarà per forza unico, perché sarà il prodotto di una complessità che per sua definizione può essere solamente tua. Sono vini davvero riconoscibili. I vini ormai sono quasi tutti buoni, rispetto a venti anni fa: quali si distingueranno? Quelli unici, quelli che hanno davvero qualcosa da raccontare. La biodinamica serve anche alle persone, non solo alle aziende: se per fare un vino buono l’azienda comincia a utilizzare tutti i metodi necessari per incrementare la fertilità del suolo per garantire la non erosione il non inquinamento il sequestro della CO2 la mitigazione degli effetti climatici, quando comincia a includere una biodiversità funzionale quindi non le due galline per sbaglio ma un organismo agricolo che funziona, quando comincia a tirar dentro la salvaguardia dei patrimoni genetici, la tutela della biodiversità genetica, abbiamo fatto bingo».


Siete curiosi di sapere come va a finire? Per leggere l'articolo completo cliccate qui

Potete recuperare la prima e la seconda parte dell'intervista su Gastronomika!


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