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Immagine del redattoreAndrea Moser

C'è una nuova cantina, enorme, a disposizione degli enologi. È il mare

Non è solo marketing e storytelling, una degustazione comparata di vini affinati in cantina accanto agli stessi vini affinati sotto al mare ha dimostrato come può cambiare un vino che riposa tra gli abissi

Quando parliamo dell'incantinamento in profondità parliamo di un sistema di conservazione che prevede di portare le bottiglie ad affinare in mare. Sotto le acque c'è una grande quantità di ossigeno molto inferiore rispetto all'atmosfera: l'aria infatti è uno dei maggiori nemici del vino. La pressione, invece, dipende dalla profondità a cui si scende per far riposare le bottiglie: l'ideale potrebbe essere scendere fino a sessanta metri, corrispondenti a sette atmosfere, così da avere fuori dalla bottiglia la stessa pressione che si ha all'interno di una bottiglia di spumante metodo classico, in modo da raggiungere una sorta di equalizzazione della pressione interna ed esterna.


Oltre ai sali, le acque contengono anche numerosi gas disciolti, gli stessi che formano l'atmosfera: tra essi c'è l'ossigeno, la cui concentrazione varia con la profondità e con la temperatura. La quantità di ossigeno disciolto nelle acque aumenta al diminuire della temperatura e diminuisce con la profondità, raggiungendo un minimo a circa mille metri; nelle acque profonde l'ossigeno tende nuovamente ad aumentare a causa delle basse temperature e per la scarsità di organismi consumatori di ossigeno. Insomma: non è così semplice decidere il posto migliore dove far riposare le nostre bottiglie.

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